Come e quando dichiarare i redditi ottenuti dalle criptovalute?

Il settore fiscale rimane uno dei tasti dolenti della nostra quotidianità, e con l’avvento di Bitcoin, Ethereum e delle criptovalute in generale nulla pare essere cambiato, anzi. Criptovalute, token e tutte le operazioni finanziarie a questi connesse come il trading, lo staking o il mining possono portare e dei profitti che però devono essere inquadrati giuridicamente.

In molti si sono chiesti come dichiarare i redditi derivanti da investimenti in criptovalute e soprattutto se questo davvero sia un obbligo a carico del contribuente o una possibilità. Facciamo chiarezza.

Attualmente, per la legge italiana, Bitcoin e le altcoin sono equiparate a tutti gli effetti a delle valute estere e quindi trattate come tali, compreso il loro inserimento all’interno della dichiarazione dei redditi.

Prima con la Risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016 e poi con  l’interpello n° 956-39/2018 l’Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale della Lombardia ha preso posizione sul trattamento fiscale delle valute virtuali (o criptovalute) e sulla necessità di inserirle nella dichiarazione dei redditi

In particolare dai due documenti appena citati emerge l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria secondo il quale ai fini fiscali le criptovalute debbano essere assoggettate allo stesso trattamento delle valute estere con tutte le conseguenze che tale assimilazione comporta.

Tralasciando le disquisizioni e i dibattiti dottrinali sulla correttezza dell’orientamento del Fisco sul tema, nella presente guida vi indicheremo gli obblighi relativi all’inserimento delle criptovalute nella dichiarazione dei redditi e la corretta tassazione delle plusvalenze generate acquistando e poi vendendo le valute virtuali.

Dichiarazione dei redditi - Quadro RW -

Nell’interpello n. 956-39/2018 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la detenzione di valute virtuali dev’essere ad essa segnalata attraverso la compilazione del Quadro RW della Dichiarazione dei Redditi.

Nel Quadro RW vengono di norma inseriti tutti gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia detenuti da persone fisiche residenti in Italia.

Il decreto legislativo n. 90 del 2017, oltre a definire la valuta virtuale, ha esteso gli obblighi di monitoraggio ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 è stato poi previsto l’obbligo di compilazione del Quadro RW del Modello Redditi - Persone Fisiche da parte dei soggetti residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.

Come dichiarare al fisco Bitcoin e le criptovalute

Poiché alle criptovalute, come già detto, si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio, anche le valute virtuali è consigliato che siano oggetto di comunicazione attraverso il citato Quadro RW, indicando alla colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”.

Nel totale silenzio da parte dell’Agenzia e sulla base dell’interpretazione prevalente della normativa di riferimento, è possibile affermare che non sussiste l’obbligo di compilazione del Quadro RW nel caso in cui le criptovalute siano detenute tramite il possesso diretto delle chiave privata (si pensi ad esempio ai dispositivi Ledger), su un exchange avente sede in Italia (si pensi a The Rock Trading) o in un custodial wallet (qual è Conio).

In merito al controvalore in euro da indicare le istruzioni fanno riferimento al “valore della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre utilizzando come cambio quello indicato dal sito dove il contribuente ha effettuato gli investimenti di valuta virtuale”, non suggerendo invece una metodologia più corretta, che prevede una rilevazione più ampia e più aderente al dettato dell’art. 9 TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), chiamato a stabilire le regole della determinazione del valore normale (es. media di 3 Exchange e quotazioni nei 30 giorni precedenti a fine anno).

A tal proposito però, sussistono molti dubbi sull’applicabilità alle valute virtuali della soglia minima di 15.000 euro. Tale soglia infatti attualmente è prevista solamente per i depositi e i conti correnti, categorie nelle quali non sono ascrivibili i wallet di criptovalute.

Si consiglia dunque, per mera prudenza, di inserire nel quadro rw anche importi complessivi inferiori alla citata soglia di 15.000 euro.

Da ultimo, si precisa che le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE), in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria”.

Riassumendo:

  • Obbligo di compilare il Quadro Rw a prescindere dall’ammontare di criptovalute complessivamente detenute;
  • Nella colonna 3 del quadro va indicato il codice 14 – “Altre attività estere di natura finanziaria”;
  • Il controvalore deve essere determinato secondo il tasso di cambio al 31 dicembre;
  • Le criptovalute non sono soggette al pagamento dell’IVAFE.

Tassazione delle plusvalenze derivanti dal trading di Bitcoin e crypto

Per quanto riguarda invece la tassazione delle plusvalenze generate dalle operazioni di acquisto con successiva vendita di criptovalute, l’Agenzia le qualifica quali redditi diversi e come tali tassabili ai sensi dell’art. 67 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

Tuttavia è necessario operare un distinguo.

Se le plusvalenze derivano da cessioni a pronti, cioè da transazioni in cui si realizza semplicemente  lo scambio immediato di una valuta contro una valuta differente, le plusvalenze così generate saranno tassabili soltanto qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta.

Come si calcola il valore della giacenza media?

Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione.

Tenuto conto che manca un prezzo ufficiale giornaliero cui fare riferimento per il rapporto di cambio tra la valuta virtuale e l’euro all’inizio del periodo di imposta, il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove si effettua la maggior parte delle operazioni.

Detta giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente indipendentemente dalla tipologia dei wallet (paper, hardware, desktop, mobile, web puoi vedere qui quale di queste tipologie utilizzi).

Nel caso in cui la vostra giacenza media superi tale soglia pari ad euro 51.645,69 dovrete assoggettare a tassazione ogni plusvalenza generata nell’anno in questione indicandole nel quadro RT della dichiarazione dei redditi e scontando l’imposta sostitutiva con aliquota pari al 26%.

Se le plusvalenza derivano invece da operazioni di cessione a termine, cioè la cessione di valuta virtuale che avviene tramite uno specifico contratto finanziario, i c.d. “CFD” (si pensi ad esempio al trading effettuato tramite broker quali EToro, Plus500, Bitmex o Evolve) non vi sarà alcuna soglia di riferimento poichè qualsiasi guadagno generato al momento della vendita dovrà essere tassato con l’aliquota del 26%.

Riassumendo:

  • Tassazione del 26% delle plusvalenze se:
    • Cessioni a termine (CFD) senza soglia alcuna;
    • Cessioni a pronti (semplice acquisto/vendita di criptovalute) con una giacenza media (7 gg consecutivi) durante l’anno superiore ad euro 51.645,69;
  • Nessuna tassazione delle plusvalenze se:
    • Cessioni a pronti (semplice acquisto/vendita di criptovalute) con una giacenza media (7 gg consecutivi) durante l’anno inferiore ad euro 51.645,69

Questa breve ma esplicativa guida non si può pensare sostituisca la professionalità di un consulente che data l’elevata complessità della normativa sarà in grado di assistervi al meglio.

Grazie al contributo dell’Avv Marco Pignatone

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